Da Bertinoro, paese di diecimila anime in provincia di Forlì, ad un Paese grande come tutta l’Italia, dove vivono solo 5 milioni di abitanti, di cui tre quarti concentrati a Muscat. Tra di loro, nel Sultanato dell’Asia sud-occidentale c’è una nostra expat che ha scelto il turismo a mo’ di missione. E che, assecondando la propria attitudine, non ha indugiato quando ha colto e riconosciuto il momento giusto per regalarsi una svolta. Personale e professionale. Nicoletta Vittori ci parla dalla capitale dell’Oman, dove vive dal 2019. La mistica di una chiamata, la realizzazione tra le dune e poca voglia di voltarsi indietro. Per ora, la sua è stata una decisione vincente. Per ora, cinque anni e un solo rammarico: <<Avrei dovuto studiare l’Arabo, ma sono ancora in tempo>>.
Un approdo casuale o ponderato, il Suo?
<<Mentalmente sono sempre stata aperta a qualsiasi iniziativa stimolante, ma mai avevo e avrei preso in considerazione uno Stato del Golfo Persico, per di più desertico al 70% della superficie… Stavo lavorando in Italia come impiegata presso un museo che in quel periodo era chiuso. Partii per visitare l’Oman, avevo programmato una decina di giorni e ciò che ebbi occasione di conoscere allora mi piacque molto. A colpirmi fu principalmente dall’ospitalità delle persone e…>>.
Non ci dica che anche Lei fu folgorata sulla via di Damasco, anche perché dista 3.000 chilometri…
<<Esattamente così, né più né meno. Tornai, feci le valigie e mi licenziai dal museo: <<Ora o mai più>>, dissi a me stessa. Agli altri, invece, ricordo di aver rivolto poche parole: “Saluto tutti, me ne vado in Oman>>. Approfittai di una conoscenza di una signora canadese che dovette tornare necessariamente in patria per via del Covid e mi propose di gestire prenotazioni e logistica della sua guest-house. Mi lasciò le dovute istruzioni e una macchina per spostarmi. La pandemia provò a mettermi i bastoni tra le ruote, considerando che l’Oman era in cima alla lista nera dei Posti da evitare. Non mi scoraggiai, un tour operator mi fece un invito per entrare e riuscii a raggiungere Muscat>>.
E oggi, cinque anni dopo?
<<Collaboro con un’agenzia turistica, disegno itinerari su misura per i visitatori e qualche volta accompagno anche dei gruppi in avanscoperta. In ufficio ci sono ventidue collaboratori e io sono l’unica assistente italiana nel ruolo specifico che ricopro>>.
E’ una meta alternativa preferita dai radical chic o abusiamo troppo dei luoghi comuni?
<<La vita è molto cara: qui costa abitare e mantenersi. Soprattutto negli ultimi due anni in parecchi hanno scoperto l’Oman ed è diventato una viaggio di tendenza, per non dire di moda. Ha praticamente preso il posto della Giordania, a cui molti rinunciano per via delle pesanti tensioni geopolitiche degli ultimi mesi. E’ un posto meraviglioso, ma chiaramente non alla portata di tutti: per permettersi una settimana qui difficilmente bastano 4.000 euro. Si tratta di un’esperienza per benestanti, ma non di uno sfizio. Non è così sporadico, tuttavia, trovare anche turisti giovani, si può campeggiare ovunque>>.
Come vive una donna straniera nel Sultanato?
<<Bene e senza problemi di sorta. In Oman le donne non sono sottomesse, stanno prevalentemente in casa, ma è diverso rispetto ad altre realtà tristemente note. Qui l’Islam ha abbracciato la cosiddetta “terza via”, quella dell’Ibadismo. E’ di fatto un Islam tollerante, depurato da quel cieco integralismo che sfocia spesso nelle tensioni tra Stati della Regione. Il Paese è molto sicuro e questo aspetto mi ha spinto a trasferirmi senza troppe titubanze. Puoi lasciare incustodito ogni bene e nessuno arriverà ad insidiarlo. Certo, bisogna adeguarsi rapidamente ai loro modi di vivere e alla legislazione poco permissiva: ad esempio, qui prendi la multa se giri con la macchina sporca; se passi col semaforo rosso ti fai due giorni di galera; è vietato camminare per la strada in calzoncini e canottiera… La vita scorre lenta, i cittadini locali se la prendono comoda e gestiscono la qualità della propria esistenza senza frenesia. All’inizio è stata un po’ dura, ma dopo un po’ diventa normale e ci si abitua adeguandosi ai loro ritmi>>.
Cosa chiede l’italiano tipo che si rivolge a Lei per organizzare la vacanza?
<<Dopo aver calibrato percorsi e pernottamenti, tanti chiedono notizie sull’alcol. Solo le catene alberghiere più importanti hanno la licenza per somministrarlo, vietare di bere ad un italiano in villeggiatura non sempre è una buona idea>>.
A proposito, quanti siamo?
<<A viverci sono essenzialmente professionisti: musicisti, avvocati che rappresentano grandi aziende, imprenditori, ingegneri e guide turistiche. Orientativamente siamo 300 italiani su 5 milioni, non c’è male>>.
Altra richiesta prevedibile: come evitare i periodi di caldo infernale?
<<Riceviamo prenotazioni per qualsiasi stagione, ma è tra Natale e Capodanno che arriva il picco e lì c’è da fare gli straordinari per accontentare tutti, anche perché – uscendo dalla zona abitata di Muscat – si trovano per lo più dei villaggi e le strutture ricettive non sono tantissime. Il livello di calore non puoi nemmeno pensare di descriverlo finché non lo si vive in loco. Fortunatamente, durante i mesi estivi ho modo di tornare in Italia perché questi territori si trasformano in luoghi fantasma: la gente vive chiusa in casa o all’interno dei centri commerciali. E’ semplicemente improponibile muoversi all’aperto. Gli omaniti vanno in ferie al Sud, in cui il clima cambia a causa dei monsoni estivi che portano piogge e un po’ di sollievo, altrimenti i 55 gradi sono la normalità e anche per loro diventa difficile>>.
Lawrence d’Arabia in salsa romagnola. Ce n’è traccia sul Suo blog…
<<Quella è l’altra mia passione: una sorta di diario in cui mi diverto a “parcheggiare” foto, video, resoconti su questo incredibile Paese. Mi fa piacere riscontrare come diversi clienti siano arrivati ed arrivino a me anche semplicemente per averlo consultato. E’ un rapporto fiduciario di cui vado orgogliosa>>.
Obiettivi e sogni nel cassetto?
<<Ne ho come tutti, del resto. Il più realizzabile sarebbe quello di sfruttare la collaborazione di uno sponsor omanita e mettermi in proprio con un’agenzia, anche se il sogno vero mi porterebbe dritta all’apertura di un boutique-hotel. Per il resto, mi trovo molto bene ma – essendo di umore mutevole – non escludo un trasferimento futuro>>.
Anche in Italia?
<<Chi può dirlo… Di casa mi manca tanto il cibo: qui tutto viene importato e i costi sono elevati. Il problema è piuttosto la ripetitività della cucina, perché non si va molto oltre il riso, il pollo e il pesce che viene preparato soprattutto nella zona costiera, ma noi siamo italiani e in qualche modo riusciamo sempre ad organizzarci>>.