HomeVita e Lavoro all'EsteroCervelli all'EsteroDirigenti italiani all'estero: un futuro senza "ritorno".

Dirigenti italiani all’estero: un futuro senza “ritorno”.

I manager sono sempre più lontani dalla realtà Italia. E chi è andato, difficilmente torna indietro. E’ quanto emerge chiaramente da una recente indagine condotta da AstraRicerche per Manageritalia e Kilpatrick Group, che fotografa la situazione e apre scenari a tinte fosche sulle prospettive di crescita del nostro Paese, inadeguata rispetto ad altri in continua ascesa. Solo il 22,8% del campione coinvolto dalla ricerca prenderebbe (o prenderà) in considerazione l’idea di rimpatriare, mentre nel 2013, alla stessa domanda rispose affermativamente il 43,6% degli interessati. A distanza di undici anni, dunque, è quasi raddoppiata la percentuale di chi – in buona sostanza – promuove soddisfatto il modello estero. O forse, per meglio dire, boccia senza riserve quello italiano. Qualità della vita, fruibilità dei servizi a disposizione e meritocrazia sono tra le principali spiegazioni addotte dai 514 interlocutori tra uomini e donne che vivono e si occupano di business altrove. Tre persone intervistate su cinque affermano di poter contare su maggiori e più interessanti opportunità di sviluppo professionale solo restando lontani dai nostri confini, ritenendosi ulteriormente vessate dalla modifica della legge sul rimpatrio dei cervelli, che sta limitando il rientro dall’estero e che rischia di creare non poco nocumento alla nostra economia così bisognosa di figure professionali qualificate difficili da reperire. Il 33% dei manager sono over 55 non più residenti in Italia ormai da 10 anni. Su di loro, pochi dubbi: non torneranno più, se non per ricongiungersi con famiglia o amici e godersi eventualmente le vacanze. Fin qui i dati, le statistiche. Ma per provare a decifrare meglio le cause di questo fenomeno in controtendenza, abbiamo interpellato Mario Mantovani, Presidente di Manageritalia: 

<<Il campanello d’allarme è risuonato parecchio tempo fa e purtroppo continuano a giungere solo  tristi conferme in merito. Per quanto non sia sempre univoca l’analisi dei freddi numeri, il decremento rispetto al 2013 non mi stupisce affatto. Onestamente, sarei stato sorpreso del contrario: i paragoni sono inevitabili e quasi impietosi. La generazione di oggi ha la fortuna di poter scegliere e lo fa liberamente senza troppi retaggi né condizionamenti che negli anni precedenti esistevano eccome. Questo è un bene per tanti, perché rispetto agli expat cresciuti con la cultura italiana, transitati e spesso tornati definitivamente alla base, molti “millennials” hanno avuto gli strumenti per ponderare e pianificare la propria carriera, immaginandosi come professionisti ovunque, fin dai primi passi nel mondo del lavoro>>. 

Però, se i ragazzi sono in uscita e i più esperti non si rimetterebbero in discussione neanche per riprovarci non stiamo messi benissimo…

 <<Dal 2008 abbiamo dato vita ad una narrazione di crisi perenne sulla quale ci sarebbe molto da dire. Per organizzare il loro percorso, i giovani si basano anche su ciò che percepiscono, sul clima che respirano quotidianamente. In Italia abbiamo parecchi problemi: sarebbe stupido negarlo e altrettanto superfluo ribadire concetti che riconducono all’annoso dibattito sul sistema fiscale, senza parlare della carenza di tutele e della burocrazia. Ma siamo anche gli stessi in grado di assicurare un elevato standard di competitività delle aziende e all’avanguardia nella formazione del personale. La nostra reputazione viene descritta in modo esageratamente negativo e questo ha un suo peso nelle valutazioni individuali>>. 

E’ un processo reversibile? 

<<Spero in un’inversione di tendenza, a questo punto quasi fisiologica. L’appeal del nostro Paese rimane importantissimo, si tratta piuttosto di far arrivare un impulso forte per incentivare un flusso di circolarità nel mondo del management. Trovo paradossale che investimenti e progetti anche a breve-medio termine attecchiscano altrove, mentre noi fatichiamo a stimolare profili idonei, non riuscendo ad attrarli nemmeno più facendo leva su Bellezza e Gusto, che da ogni parte del mondo tuttora ci invidiano in molti ambiti>>.

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